PASQUA 2021 – Zona rossa come a Natale se esplodono i contagi. Il piano del Governo pare chiaro: evitare assembramenti e riunioni familiari per scongiurare che la curva epidemica risalga esponenzialmente.
Ulteriore intervento restrittivo riguarderebbe il coprifuoco che sarebbe anticipato alle 20 rispetto alle attuali 22.
Altra stretta analizzata è la replica del sistema dei giorni festivi e prefestivi in rosso (Pasqua e Pasquetta incluse), già utilizzato tra Natale ed Epifania.
Si esce solo per ragioni di necessità, salute e lavoro.
A preoccupare però c’è anche il possibile esodo per le feste di Pasqua perchè se è vero che i contagi sono in aumento c’è chi ha voglia di riabbracciare i propri cari che per motivi di studio o lavoro si trovano in altre regioni. Un pericolo questo, scene già viste, come ad esempio nello scorso mese di dicembre quando in migliaia hanno lasciato le zone di residenza per trascorrere le feste in fa
Attualmente è in vigore il divieto “di spostarsi tra regioni o province autonome diverse, con l’eccezione degli spostamenti dovuti a motivi di lavoro, salute o necessità” e sarà valido fino al 27 marzo. C’è chi, molto ottimista, ha già prenotato biglietti per tornare al Sud o per andare al Nord a trovare figli e parenti ma il governo, facendo seguito alle raccomandazioni degli scienziati, sembrerebbe orientato a prolungare lo stop agli spostamenti proprio per evitare una catastrofe.
IL PIANO DEL GOVERNO DRAGHI
Il piano scatterà in caso di incremento esponenziale dei contagi, mentre il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro ha proposto ieri una zona gialla “rafforzata” o rinforzata che dovrebbe vedere la possibilità di far scattare il coprifuoco alle 20 e non alle 22, con chiusura di tutti gli esercizi commerciali entro le ore 19.
La possibilità di anticipare il coprifuoco alle ore 20 è stata discussa una prima volta mentre si parlava del primo Dpcm del presidente del Consiglio Mario Draghi, poi firmato il 2 marzo e in vigore dal 6 marzo fino al 6 aprile.
Poi è stata scartata ma è rimasta sul tavolo in attesa di comprendere come evolveranno la curva dei contagi e quella dei ricoveri.
Un’altra idea è quella di limitare gli spostamenti non necessari per motivi di salute, lavoro o estrema necessità e urgenza.
Qui nel mirino c’è la famosa deroga per le visite a parenti e amici una volta al giorno rispettando il coprifuoco. È già stata vietata in zona rossa e alcune ordinanze regionali con il passaggio all’arancione scuro – come quella entrata in vigore in Lombardia – hanno già previsto la stessa restrizione.
A questo punto non è escluso che si possa decidere di uniformare le misure in tutta Italia ad esclusione delle zone gialle.
Il governo ragiona anche attorno all’ipotesi di blindare la Pasqua estendendo la zona rossa alle festività come è successo a Natale con l’esecutivo Conte.
Silvio Brusaferro dell’Istituto Superiore di Sanità ha suggerito l’ipotesi di rafforzare la zona gialla con il coprifuoco alle 20 ma la decisione è stata rinviata per i timori dell’impatto che avrebbe sulle attività commerciali: dovrebbero chiudere alle 19. Per Pasqua e Pasquetta invece l’idea è di fare come ha fatto il governo Conte Bis a Natale: dichiarare una zona rossa in tutta Italia nei giorni di festa e mitigare di poco le restrizioni nei pre-festivi. In questo caso si profila anche un addio a cinema e teatri aperti il 27 marzo.
Secondo le prime indiscrezioni in zona rossa potrebbero finire Abruzzo e Campania, insieme a Basilicata e Molise.
Ma anche Lombardia, Emilia-Romagna, Marche e le province Trento e Bolzano rischiano misure più restrittive. Veneto e Friuli-Venezia Giulia sono invece candidate a finire in zona arancione: l’Italia del Nord sarebbe così quasi tutta di quel colore, tranne la Valle d’Aosta e la Liguria. Vincenzo De Luca su Facebook ha annunciato che “la Campania è ormai zona rossa”.
Dieci regioni e province autonome hanno un Rt puntuale maggiore di 1.
Sono Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Trento, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto.
Di queste, il Molise ha un Rt con il limite inferiore superiore a 1.25, compatibile con uno scenario di tipo 3. Delle altre nove, sei hanno un Rt nel limite inferiore compatibile con uno scenario di tipo 2. Le altre Regioni/province autonome hanno un Rt compatibile con uno scenario di tipo uno.
Sono 14 le Regioni e province autonome con una classificazione di rischio moderato: Basilicata, Calabria, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, provincia di Bolzano, provincia di Trento, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto – prosegue il report -. Di queste nove hanno una alta probabilità di progressione a rischio alto nelle prossime settimane: Calabria, Molise, Piemonte, le provincia di Trento, Puglia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. Analogamente a quanto avviene in altri Paesi europei – si legge nel report – si rende necessario un rafforzamento/innalzamento delle misure su tutto il territorio nazionale al fine di ottenere rapidamente una mitigazione del fenomeno.
L’incidenza settimanale complessiva si sta rapidamente avvicinando alla soglia di 250 casi per 100.000 abitanti, che impone il massimo livello di mitigazione possibile. Questa soglia è già stata superata dalla Provincia Autonoma di Trento (385,02 per 100.000 abitanti), dalla Provincia Autonoma di Bolzano (376,99 per 100.000 abitanti), dall’Emilia-Romagna (342,08 per 100.000 abitanti), dalle Marche (265,16 per 100.000 abitanti) e dalla Lombardia (254,44 per 100.000 abitanti)
L’indice di contagio Rt medio calcolato sui casi sintomatici in Italia è attualmente pari a 1.06, ovvero è in crescita. Era 0,99 la scorsa settimana, con un limite superiore già oltre 1.
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DECRETO SOSTEGNO: Chi si aspettava una pioggia concreta di aiuti per gli autonomi e partite iva rimarrà deluso.
Stando all’ultima bozza, il decreto Sostegno a cui sta lavorando il governo Draghi non riconoscerà alle attività danneggiate dalla pandemia ristori maggiori rispetto a quelli concessi dal Conte 2: la percentuale di fatturato perso che verrà versata sui conti correnti sarà identica a quella prevista dai “vecchi” decreti Ristori.
Non solo: i contributi a fondo perduto non saranno parametrati alla perdita dell’intero 2020, come ci si attendeva, ma prenderanno in considerazione solo l’andamento di gennaio e febbraio 2021 rispetto allo stesso bimestre del 2019.
Invariate le percentuali di ristoro – Secondo la nuova bozza rimane invariata al 20% del fatturato perso la quota di aiuti che vanno alle imprese più piccole, quelle con un giro d’affari che non supera i 400mila euro l’anno. Nei giorni scorsi si era ipotizzato che l’asticella potesse salire fino al 30% a beneficio soprattutto dei piccoli esercizi.
La soglia rimane al 15% per chi aveva ricavi compresi fra 400mila euro e un milione e al 10% per chi aveva ricavi tra 1 e 5 milioni di euro. Esattamente le fasce previste dal decreto Rilancio e dai successivi decreti Ristori di Conte. Sul piatto ci sono 9,7 miliardi – a valere sullo scostamento di bilancio da 32 approvato prima della caduta di Conte – a fronte degli oltre 10 miliardi distribuiti l’anno scorso con i decreti Rilancio e Ristori.
Via gli Ateco, ma occorre aver perso almeno il 33% del fatturato – L’unico vero cambiamento è che viene meno l’utilizzo delle classificazioni Ateco per decidere chi ha diritto agli aiuti. Al contributo a fondo perduto potrebbero accedere tutti i titolari di partita Iva che abbiano subito perdite di almeno il 33% del fatturato.
I trasferimenti andrebbero vanno da un minimo di 1.000 a un massimo di 150.000 euro: cifre identiche, anche queste, a quelle previste dai decreti del precedente governo. Il risarcimento potrà essere erogato come contributo diretto oppure riconosciuto sotto forma di credito d’imposta utilizzabile in compensazione tramite modello F24.
Non c’è l’esonero dalla ripresa dei versamenti fiscali – Infine, non c’è traccia dell’”esonero parziale o totale” dalla ripresa dei versamenti fiscali e contributivi promesso lo scorso anno dal governo Conte. Nelle bozze la sanatoria – stavolta per le imprese che nel 2020 hanno registrato un calo del fatturato del 33% rispetto al 2019 – si limita all’abbattimento di sanzioni e interessi richiesti con le comunicazioni di irregolarità sulle dichiarazioni relative ai periodi di imposta 2017 e 2018. In caso di adesione, è previsto il versamento secondo le ordinarie modalità di riscossione delle somme dovute in seguito a controlli automatici.
Soldi per la prima linea – La bozza del decreto si compone di 26 articoli e una cinquantina di pagine che, oltre ai ristori, spaziano dai congedi parentali da rinnovare con effetto retroattivo alle cartelle esattoriali, fino a risorse aggiuntive per il trasporto locale e norme per il potenziamento degli asili nido. Il decreto stanzia inoltre 2,1 miliardi per i vaccini e l’acquisto di farmaci per la cura del Covid-19. Più in dettaglio 1,4 miliardi saranno destinati ai vaccini e 700 milioni ai farmaci, Remdesivir e monoclonali (rispettivamente 300 e 400 milioni di euro). Vengono inoltre stanziati 345 milioni per il coinvolgimento dei medici di famiglia nella campagna vaccinale e 51,6 milioni per prorogare fino al 31 marzo i Covid hospital.
Arrivano risorse aggiuntive per gli enti locali, il decreto stanzia un miliardo aggiuntivo per l’esercizio delle funzioni degli enti locali e 600 milioni per le autonomie speciali. Una mano alle Regioni arriva anche sul fronte del trasporto pubblico, per cui si prevede un finanziamento di 800 milioni mentre ai Comuni vanno anche altri 250 milioni per il “ristoro parziale” delle mancata entrate della tassa di soggiorno e del contributo di sbarco.
Riparte la macchina della riscossione – Le scadenze per i versamenti legati alle cartelle esattoriali sono sospesi fino al 30 aprile ma dal 1 marzo riparte la macchina della riscossione con la notifica dei nuovi atti. Le scadenze sospese andranno saldate “entro il sessantesimo giorno” dal termine della sospensione. Lo prevede la bozza del decreto Sostegno che modifica anche le scadenze per le rate della rottamazione e del saldo e stralcio. Le rate saltate finora e relativi al 2020 andranno saldate entro il 31 luglio, quelli relativi al 2021 (febbraio, marzo, maggio e luglio) entro il 30 novembre.
Nel decreto potrebbe rientrare lo stralcio di tutte le cartelle ricevute tra il 2000 e il 2015: nella bozza del decreto la misura compare, senza però che venga specificato l’importo delle cartelle prese in considerazione. Nella relazione tecnica sono elencate 6 ipotesi: 3mila euro, con un costo per lo Stato pari a 730 milioni; 5mila euro, con un costo di 930 milioni;10.000 euro, con un costo di 1,5 miliardi; 30.000 euro, con un aggravio di circa 2 miliardi; 50.000 euro, in questo caso di 2,3 miliardi. Infine, nel caso della cancellazione di tutte le cartelle dei 15 anni, il costo per lo Stato si aggirerebbe sui 3,7 miliardi.
Più soldi per forze dell’ordine e vigili del fuoco –Il dl stanzia infine nuovi fondi per le forze di polizia, i vigili del fuoco, la polizia penitenziaria e le capitanerie di porto impegnate nella lotta al Covid.
La bozza autorizza la spesa di 93,3 milioni in particolare per le indennità di ordine pubblico, l’impiego del personale delle polizie locali e per gli straordinari del personale delle Forze di polizia. Inoltre “in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali delle Forze di polizia, al fine di consentire la sanificazione e la disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso alle medesime Forze, nonché assicurare l’adeguata dotazione di dispositivi di protezione individuale e l’idoneo equipaggiamento al relativo personale impiegato”, è autorizzata per il 2021 la spesa complessiva di 24,9 milioni per l’anno 2021.