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Cosa è successo in Cina dopo il lockdown? Quali settori hanno ripreso meglio? Quale è il trend di crescita del mercato? Quali sono le aspettative per il settore moda?

In Cina è partito il “revenge spending”, presi d’assalto negozi di lusso.

Di questi temi hanno parlato, questa mattina, Edoardo Tocco, president Asia Pacific di BalenciagaMauro Maggioni, CEO Asia Pacific di Golden GooseErika Andreetta partner di Pwc e David Pambianco CEO di Pambianco, in occasione di un webinar organizzato da Pwc in collaborazione con Pambianco e il supporto del China Desk Pwc Tls.

In Cina la quarantena ha eroso i principali indicatori di settore dal 20 al 90 per cento. I settori più duramente colpiti sono stati trasporti e turismo, retail, real estate e costruzioni, industria e auto. Partendo dal mondo dell’auto, la produzione industriale ha subito una diminuzione del 16%, mentre le vendite sono scese del 92 per cento. Durante il lockdown, stando ai dati di febbraio e marzo, nel retail, che rappresenta il 10% del Pil cinese, le vendite in negozio sono crollate oltre il 30% nel sistema moda e casa.

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Anche l’online dell’apparel & footwear è diminuito (-18% a febbraio e -15% a marzo). Andreetta, però, ha evidenziato una differenziazione tra i brand del lusso, che stanno performando bene, e il fast fashion, che è ancora in sofferenza. In notevole crescita l’online food & grocery, che ha messo a segno un +33% a marzo.

Per quanto riguarda la variazione su base annua, da febbraio ad aprile, dell’indice dei prezzi al consumo (importante perché collegato al tema dell’inflazione che a partire da ottobre in Cina ha iniziato a crescere in maniera importante e durante questo periodo è aumentata ulteriormente) si sono innalzati in particolare i prezzi del food, causando un rialzo del Consumer Price Index generale. L’abbigliamento, invece, è rimasto sostanzialmente stabile (-0,3%), ma sta soffrendo il settore calzaturiero (-1,1%).

Secondo Jing Daily, il lungo periodo di epidemia e di lockdown porterà conseguenze non soltanto economiche, ma anche psicologiche sui consumatori cinesi. Discutendo dei nuovi bisogni e valori dei consumatori post-Covid, tre sono i trend principali notati: consumo più consapevole con conseguente diminuzione delle spese in beni non essenziali; attenzione alla sostenibilità con un incremento, specie da parte dei millennial, nella scelta di acquistare prodotti che rispettino l’ambiente e gli animali; rinnovato neo-nazionalismo nelle scelte di acquisto per supportare i brand locali danneggiati dal virus.

Nei 76 giorni di lockdown, c’è stata una crescente ascesa del digital nel mercato retail. Tra i servizi offerti al fine di aumentare l’engagement, si è assistito a una moltiplicazione delle videoboutique (ad esempio Dolce & Gabbana) per veicolare i prodotti sulle piattaforme social WeChat e Weibo; prenotazione degli appuntamenti in store o a casa per i top client; spostamento importante di molti flagship store di lusso, come CartierGiorgio ArmaniPradaKenzo e Delvaux, tra gli altri, su Tmall e JD.com durante il primo trimestre.

In quest’ottica, Douyin, il “Tik Tok cinese” nato a settembre 2016, che conta circa 400 milioni di utenti e registra ogni giorno più di 1 miliardo di visualizzazioni, sta diventando una delle piattaforme più interessanti per poter veicolare i prodotti attraverso il lancio di video. Se a febbraio un consumatore medio trascorreva 120 minuti al giorno guardando livestream, nel periodo pre-Covid dedicava solo 45 minuti.

Di conseguenza, i brand stanno investendo per essere presenti sulle piattaforme digitali cinesi.

A inizio marzo, già l’80% dei department store aveva riaperto ed entro la fine del mese erano attive tutte le aziende manifatturiere della moda. Il Pmi (Purchase Manager Index), che riflette la capacità di acquisizione di beni e servizi, è aumentato del 46%, superando addirittura i livelli pre-crisi. Si consideri che in Italia questo indice a marzo era -60 per cento. Sebbene dunque gli altri Paesi siano ancora in lockdown, sembrerebbe che in Cina ci sia una ripresa abbastanza rapida, favorita dagli incentivi agli acquisti attivati dal governo. Tra i recenti sviluppi della normativa fiscale cinese che impatteranno sulla moda e sul lusso, si segnalano la riduzione dell’aliquota Iva dal 10% al 9% nell’industria tessile; non è più obbligatorio per le imprese italiane costituire delle jv in Cina per operare nei settori della creatività relativa alla moda e al design; apertura di nuove aree di e-commerce transfrontaliero che può rappresentare un’opportunità per il made in Italy di incrementare la presenza online sul mercato cinese; la riforma della Consumption Tax.


In Cina è partito il “revenge spending”, presi d’assalto negozi di lusso

Mentre resta un’incognita la riapertura graduale delle città gli economisti hanno già cominciato a ipotizzare che uno dei primi comportamenti dei consumatori dopo l’emergenza coronavirus sarà il cosiddetto “revenge spending”, o anche revenge shopping, ovvero “fare l’acquisto di prodotti per vendetta” contro l’isolamento, il virus e l’immobilità forzata.

Un primo assaggio si è avuto nei giorni scorsi, quando, entrati nella fase due, i cinesi si sono riversati nei negozi del lusso per fare shopping. Lo dimostra il boom di incassi riportati dalla nuova boutique di Hermès a Canton che, sabato scorso, ha riaperto i battenti dopo le lunghe settimane di lockdown.

In una solo giorno la maison francese ha registrato un incasso di 2,7 milioni di dollari, fatturato mai raggiunto prima da un negozio in Cina.

Le vendite record di Hermès suggeriscono che i ricchi cinesi, dopo lunghi mesi dedicati ai consumi essenziali, sembrano voler “consolarsi” con acquisti di lusso.

Se questa è la tendenza, i prossimi mesi si preannunciano decisamente brillanti per i conti del comparto del lusso.

Del resto, il revenge spending è un fenomeno nato in Cina subito dopo la rivoluzione culturale della metà degli ’80 del secolo scorso e in parte si era già manifestato nel 2003 dopo l’epidemia da Sars.

Oggi però la voglia di spendere sembra più forte rispetto al passato secondo quanto riporta il China Daily e si concentra soprattutto su beni non necessari: lusso, ristorazione, intrattenimento e viaggi saranno, almeno sulla carta, i settori maggiormente coinvolti in questa rinascita dei consumi nel post coronavirus.

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