Si fa strada nell’Unione europea l’idea di un certificato vaccinale europeo per tornare a viaggiare e salvare le vacanze estive, soprattutto dei Paesi ad alta vocazione turistica.Un lasciapassare legato alla immunizzazione: è l’obiettivo comune ma difficile da attuare finché non ci saranno vaccini per tutti
Una soluzione a 27 per scongiurare il rischio di mosse unilaterali dei singoli Stati membri che frammenterebbero il panorama, complicando anche di più la vita degli europei in viaggio.
La base di lavoro continua ad essere il certificato vaccinale digitale interoperabile, da sviluppare a livello tecnico entro i prossimi tre mesi, sotto la guida del commissario europeo Didier Reynders.
Da un punto di vista tecnico, l’intenzione è creare un database per la registrazione delle vaccinazioni e un codice QR personalizzato da custodire sul telefono cellulare che sia riconosciuto in tutti gli Stati membri. Il documento – ha evidenziato la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen – dovrà contenere informazioni semplici e rilevanti, come l’avvenuta vaccinazione, la negatività ad un test Pcr o l’immunità al Covid-19 acquisita contraendo la malattia.
Padre dell’inizitiva per una certificazione medica comune è il premier della Grecia Kyriakos Mītsotakīs che ha sollecitato a fare in fretta per evitare che i giganti tecnologici possano muoversi in solitario. Nella sua ipotesi il certificato vaccinale non è l’equivalente di un passaporto della salute ma «aprirà un canale veloce senza le restrizioni» legate a test e quarantena obbligatoria sull’esempio delle “green lanes” create per permettere la libera circolazione delle merci nel mercato unico ai tempi della pandemia da coronavirus.
Inoltre Mītsotakīs si è detto a favore della registrazione del minor numero possibile di dati personali dei cittadini. Nel frattempo Grecia e Cipro si sono mosse autonomamente stringendo accordi bilaterali con Israele che permettono ai cittadini già vaccinati di viaggiare liberamente tra questi Paesi.
Favorevoli
Un pronunciamento dell’Italia ancora non c’è stato. A sostegno del progetto di un “coronapass” si sono schierati almeno una dozzina di capi di Stato e di governo, tra questi l’austriaco Sebastian Kurz, che ha invitato a seguire il modello Israele, avvertendo che Vienna è pronta ad “andare avanti da sola”. Lo spagnolo Pedro Sánchez ha difeso lo strumento come «valido e utile», mettendo in guardia rispetto al rischio che «ciascun Paese possa elaborare una formula nazionale».
Contrari
Tra i leader che continuano a nutrire riserve su documenti che attestino l’avvenuta immunizzazione e facilitino gli spostamenti di chi li possiede è Emmanuel Macron: «Dobbiamo evitare – ha detto il presidente francese – che ciascun Paese sviluppi un proprio sistema, lavorando a una certificazione medica comune» ma il presidente francese ha ribadito preoccupazioni sul pericolo di discriminazioni e timori su possibili violazioni della privacy. Stessi dubbi espressi dall’olandese Mark Rutte e dal belga Alexander De Croo per frenare.
Anche la cancelliera Angela Merkel, sebbene più aperturista rispetto al passato, si è mostrata cauta, evidenziando che con una percentuale così bassa di persone immunizzate, per il momento il dibattito rischia di sembrare «surreale».
Così nel mondo
In Israele (dove però il 70 per cento degli over 16 ha già ricevuto la prima dose) è stato adottato il green pass: un codice a barre (è stata predisposta un’App) o un certificato cartaceo che attesti l’avvenuta immunizzazione e col quale si potrà accedere a musei, palestre, hotel, negozi.
L’Islanda, primo paese dell’area Schengen a introdurre il certificato vaccinale per il Covid19, ha varato questo sistema già a fine gennaio con un certificato che si può scaricare da un sito.