La figura femminile interessa Morbelli anche nell’ambito della sua adesione al realismo sociale.
Celebre è la serie delle mondine, ritratte al lavoro nei campi. Più cruda è invece la rappresentazione delle “Vendute”, di cui l’artista realizzò tre versioni. La “Venduta” qui presentata, realizzata tra il 1887 e il 1888, costituisce il secondo esemplare della serie. L’opera fu presentata nel 1888 all’Italian Exhibition di Londra con il titolo “A Pall-Mall Gazette subject”, in riferimento a un’inchiesta sulla prostituzione femminile condotta all’epoca dalla stampa londinese. Ancora lontana dalla tecnica divisa che caratterizzerà invece la terza versione del 1897, l’opera presenta un netto taglio fotografico: una giovane donna, pallida e probabilmente malata, guarda diretta verso l’osservatore con aria mesta, quasi ad interrogarlo e a coinvolgerlo nel suo dramma personale.
Verso il simbolismo
Entrando pienamente nella maturità, a partire dalla metà degli anni Novanta, Morbelli affianca a opere di stampo realista alcune proposte pittoriche di natura delicatamente simbolista, legate a una maggiore introspezione psicologica e aventi una grande potenza emotiva.
Emblematico di una declinazione del soggetto dei “vecchioni” in chiave simbolista è il trittico “Sogno e realtà”, in cui la dimensione della vecchiaia si fonde con quella di una perduta e mai dimenticata giovinezza che porta i due anziani a trovare un intimo punto di contatto nella dimensione del ricordo condiviso. Particolarmente suggestivi e valorizzati da un uso magistrale della tecnica divisa sono “I due inverni”, facente parte del già citato “Poema della vecchiaia”, e “Inverno al Pio Albergo Trivulzio”. Le opere si giocano sul contrasto tra la luce proveniente dall’esterno e la penombra degli interni dove i deboli raggi di sole si trasformano in un pulviscolo che avvolge le figure, piegate dalla vecchiaia.
Il tema del paesaggio riaffiora in chiave simbolista in “S’avanza” e, successivamente, in “Era già l’ora che volge al desio”, di cui in questa sede si propone un suggestivo disegno preparatorio.
Nella prima opera una donna, abbandonata sulla sdraio, è rivolta verso le colline del Monferrato contemplando “una nuvola di tragica forma, assomigliante la morte”. La nube lascia infatti indovinare la forma di uno scheletro, trasformando l’apparentemente serena contemplazione della natura in un presagio di morte. Alla qualità dell’opera contribuisce la cura compositiva, con la scelta inedita del formato tondo che ben valorizza il raccordo fra la linea curva della sdraio e il moto della nuvola avanzante.
Un formato inusuale ma estremamente efficace caratterizza anche “Il ghiacciaio dei forni”, eseguito durante uno dei soggiorni a Santa Caterina di Valfurva. Morbelli esce dai tradizionali schemi compositivi portando l’imponente parte innevata in primo piano con un azzardato taglio diagonale. In secondo piano, la massa della montagna si sviluppa in profondità presentando declivi aperti su canaloni dai forti riflessi bluastri ed arrivando così ad escludere le cime e il cielo dalla composizione. In nessun’altra opera Morbelli ha ripetuto un taglio così azzardato e moderno capace di reimpostare l’immagine tradizionalmente diffusa della montagna, mostrando come ancora in tarda età l’artista sapesse mantenere vivo uno spirito dinamico, di instancabile sperimentatore.