Non è finita, è appena cominciata. Novak Djokovic non ha fatto in tempo nemmeno ad atterrare a Belgrado, che la coda della dolorosa vicenda politica-giudiziaria australiana era già arrivata in Francia: perduto il primo Slam stagionale, sarà costretto a saltare anche il secondo, il Roland Garros. Il motivo è sempre lo stesso: il vaccino. La nuova legge francese impone a tutti gli atleti, professionisti o dilettanti, l’obbligo vaccinale. Senza non si entra. “Abbiamo deciso di adottare il pass vaccinale – ha twittato il ministro dello sport Roxana Maracineanu – Da quando la legge entrerà in vigore sarà obbligatorio per gli spettatori e per i giocatori (sia francesi che stranieri) per poter entrare negli Erp (établissement recevant du public o luoghi preposti ad eventi pubblici, ndr) dove è già necessario un pass sanitario”.
Vale anche per chi dovesse arrivare dall’estero per una qualsiasi competizione. Uno a caso: il tennista serbo “talismano dei no-vax”, espulso con ignominia. Per tempismo e opportunità quella del governo francese è quasi una norma ad personam. D’altra parte Macron aveva esplicitato pubblicamente di “voler rompere le scatole ai no-vax”. Andava colta la pallina al balzo. Djokovic s’è infilato in una walk of shame senza uscita. In questi dieci giorni i suoi sponsor sono rimasti paralizzati in un silenzio social assordante. Il Sole 24 Ore ha stimato che il prossimo anno potrebbe perdere non meno di 30 milioni di euro di sponsorizzazioni. Il commento sarcastico a contorno è perfetto: “Dopo aver speso fior di milioni per allineare il loro brand a un lifestyle desiderabile, a uno sportivo di successo, a un professionista stimato, oggi si ritrovano ad aver sponsorizzato Pippo Franco”.
Pensava di calare in Australia contrabbandando la sua presenza come una battaglia contro l’ingiustizia, l’ipocrisia e per qualche ragione pure il colonialismo. Le sua bolla di accoliti e supplicanti s’è spiaggiata su un’isola vasta, polverosa e atomizzata da due anni di isolamento estenuanti. L’hanno risputato via, verso un futuro a forma di imbuto. Che farà adesso il numero uno al mondo del tennis? Secondo Sergio Palmieri, direttore degli Internazionali, con le regole attuali non potrà giocare i Master 1000 americani ma la stagione sulla terra rossa europea sì. Manco il tempo di chiarire la posizione del torneo romano a Radio anch’io sport (“se entrano in Italia in regola non abbiamo motivi per rifiutarli”) che sui media di tutto il mondo è rimbalzato l’aggiornamento delle leggi francesi, riletto in chiave Djokovic.
Per ora gli resterebbero Montecarlo, Madrid e Roma. Allo stato attuale non sarebbe ammesso a nessuno dei quattro Slam, forse solo a Londra. Melbourne è sfumato, Parigi e gli Us Open anche. Per Wimbledon Djokovic dovrebbe fare un test due giorni prima di andare in Inghilterra, mettersi in quarantena per dieci giorni e fare un tampone il secondo e l’ottavo giorno del periodo di isolamento. In attesa che l’All England stabilisca i propri requisiti per la partecipazione al torneo a Djokovic resta l’amara realtà: scegliere di misurarsi in scala ridotta. Il tennis ristretto dei no-vax. Agenzia DiRE» «www.dire.it»