coronavirus plasma iperimmune
coronavirus plasma iperimmune
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Il plasma iperimmune donato da chi è appena guarito dal Covid dimezzerebbe i rischi di contrarre la malattia nella sua forma più grave. Lo studio argentino è stato pubblicato anche dal New York Times

Il beneficio della terapia quando l’infusione avviene entro pochi giorni dalla comparsa dei sintomi: “Riduzione del 48% della probabilità di progressione della malattia verso gravi forme respiratorie”.

Il plasma iperimmune, ricco di anticorpi specifici, è quello che può essere donato come ha fatto anche la nostra Iena da chi è guarito dal coronavirus ed è ancora convalescente. Può essere poi iniettato a chi è stato contagiato. Secondo l’ultimo studio può ridurre il rischio di avere il Covid in forma grave se viene somministrato nei primi giorni dell’infezione. La massima efficacia si raggiungerebbe se viene trasfuso entro tre giorni dalla diagnosi e il paziente manifesta ancora sintomi.

I dati riguardano 160 pazienti sopra i 65 anni: la metà ha ricevuto il plasma, l’altra metà un placebo, sempre al massimo tre giorni dopo la diagnosi. Il rischio di avere il Covid in forma grave è diminuito del 48%. “Dare il plasma troppo tardi”, dice al New York Times l’autore principale, Fernando Polack, “è come permettere a un ladro di saccheggiare una casa per ore prima di chiamare la polizia. Mentre una somministrazione precoce può limitare l’infezione quando è ancora sul nascere”.

“Somministrare il plasma troppo tardi – ha commentato il dottor Fernando Polack, specialista in Malattie Infettive e Direttore scientifico della Fondazione INFANT – Covid-19 in Argentina che ha coordinato la ricerca – è come permettere a un ladro di rovistare in casa per ore, prima di decidere di chiamare la polizia”.

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