San Siro cambia volto: via gli ambulanti, scoppia la protesta
Lo scenario classico dello stadio Meazza, fatto di bancarelle, salamelle e gadget a basso costo, rischia di sparire. In occasione dell’ultima giornata di campionato, 64 ambulanti storici hanno deciso di incrociare le braccia in segno di protesta. Niente panini, niente sciarpe. Solo acqua gratuita distribuita ai tifosi, come gesto simbolico.
L’accusa alle due squadre milanesi
Il motivo? Secondo i rappresentanti del commercio ambulante, Milan e Inter vorrebbero riorganizzare (o eliminare) del tutto la presenza delle bancarelle intorno allo stadio. L’obiettivo, sostengono, sarebbe quello di avere il pieno controllo sul mercato del merchandising, tagliando fuori i venditori indipendenti e favorendo i canali ufficiali.
Giacomo Errico, presidente di Apeca (Confcommercio), ha sottolineato che il contratto che regolava la presenza degli ambulanti è scaduto e, ad oggi, non è stato rinnovato. “Dal 1962 siamo parte dell’area stadio – ha dichiarato – ma adesso ci vogliono escludere per creare un sistema chiuso, dove solo i club gestiscono la vendita dei prodotti legati alle squadre”.
“Proposte tardive e tagli al personale”
Anche Luigi Leanza, presidente del consorzio ambulanti di San Siro, ha denunciato un’offerta arrivata all’ultimo momento: un nuovo contratto, ma solo se 21 venditori rinunciano a vendere merchandising. “È un ricatto inaccettabile”, ha detto.
Dietro le bancarelle ci sono famiglie intere, attività che da anni si reggono su questa economia parallela ma radicata. “Non chiediamo favori, ma un confronto vero – ha aggiunto Errico – Serve che le istituzioni intervengano”.
Il precedente del ’97
Non è la prima volta che gli ambulanti vengono messi in discussione. Già 27 anni fa si visse una situazione simile, ma allora le parti trovarono un accordo. “Ci ascoltarono, si mossero le istituzioni. E si trovò una soluzione”, ha ricordato Errico.
Una storia ancora aperta
Al momento, il futuro è incerto. Ma una cosa è chiara: il confronto è appena cominciato. E se qualcuno pensa che basti un comunicato stampa o un restyling dello street food per chiudere la questione, forse ha sottovalutato il peso culturale e sociale di quelle bancarelle.