zangrillo
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Zangrillo scatenato contro i tamponi alla prima linea di febbre e la psicosi collettiva delle mascherine all’aperto. Il prorettore dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttore del Dipartimento di anestesia e terapia intensiva dell’Irccs ospedale San Raffaele, sbotta contro gli eccessi. Esagerazioni che, a sua detta, nulla avrebbero a che fare con un doveroso rispetto delle norme e con una opportuna logica di prevenzione e controllo. E nel suo commentare lo status quo, invoca una sola cosa: buon senso. Quello che per lui diventa – e dovrebbe diventare per tutti – la parola d’ordine con cui ripristinare ordine e puntare al ritorno alla normalità.

«La ripresa graduale della normalità deve essere reale e deve interessare tutti. Non ci devono essere voci “fuori dal coro” per distinguersi e rispondere al proprio egocentrismo», è la prima, neanche tanto vaga, allusione dell’esperto. Che poi prosegue: «Tornare alla normalità vuol dire curare tutti. Vuol dire tornare ai valori più semplici dell’umanità. Il primo dei quali è consentire al malato di vedere i propri congiunti ma, soprattutto, piantarla di fare tamponi alla prima linea di febbre». E ancora. In un profluvio di riflessioni e recriminazioni, Zangrillo aggiunge anche: «Oggi a Milano 9 persone su 10 portano ancora la mascherina all’aperto. E questo, per me, non è un segno di responsabilità, ma di preoccupante psicosi collettiva, figlia dell’ignoranza. Della disinformazione e dell’irrazionalità». Una riflessione, quella di Alberto Zangrillo, che nasce dall’osservazione del contesto sociale e dall’eccesso di indicazioni e misure fin qui elargite dal governo.

Le parole d’ordine di Zangrillo: «Responsabilità sociale e buonsenso»

«Le mie parole d’ordine sono: responsabilità sociale e buonsenso», ripete Zangrillo. E soprattutto il buonsenso, a suo avviso, va applicato al capitolo tamponi. «La considerazione più comune che ascolto è: “Ho 37,5 di temperatura ma domani ho prenotato un tampone”. Dove abbiamo condotto il gregge?», si chiede l’esperto. Che guarda anche a quello che il mondo ha dovuto sacrificare per la lotta a Sars-CoV-2. Per esempio nella cura delle altre malattie. «Noi medici dobbiamo ascoltare. Consigliare. Visitare e, soprattutto, assumerci la responsabilità ed il privilegio di curare», dice.

Ricciardi: “Probabile fine emergenza il 31 marzo, ma mascherine al chiuso per tutto il 2022”

Se all’aperto si potrà tornare a fare a meno delle mascherine, Ricciardi avvisa che nei luoghi chiusi i dispositivi di protezione individuale continueranno a farci compagnia a lungo. “Penso che con le mascherine dovremo convincerci ancora a lungo. Ora c’è l’attenuazione della misura all’aperto, però soltanto quando non ci sono assembramenti, altrimenti quando ci sono la mascherina va indossata. È una misura conforme all’attuale scenario epidemiologico, quindi una stagione che sta migliorando, persone che sono vaccinate e persone che sono prudenti. Però – ha proseguito il docente di Igiene della Cattolica – nel momento in cui si va all’interno di locali chiusi, perché siamo ancora di fronte a decine di migliaia di casi al giorno e una contagiosità enorme da parte di Omicron, è necessario continuare a portare le mascherine per un periodo prolungato”. E a domanda esplicita se indosseremo le mascherine al chiuso ancora per tutto il 2022, Ricciardi replica: “Io penso di sì”.

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