tamponi Coronavirus lombardia medici
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Dopo aziende e privati cittadini, anche i politici sono scesi in campo per aiutare i propri Paesi ad affrontare l’emergenza coronovirus. In Giappone, Nuova Zelanda, Grecia e Bulgaria parlamentari e ministri hanno deciso di tagliarsi lo stipendio, del tutto o in parte, per utilizzare quei soldi nella lotta contro il Covid-19.

Giappone – A fronte degli sforzi sostenuti dall’intera collettività contro la pandemia, i parlamentari giapponesi hanno deciso di rinunciare al 20% del proprio stipendio per un anno. L’accordo è stato raggiunto tra l’esecutivo guidato dal partito liberal-democratico e la principale forza politica all’opposizione, il partito Democratico-costituzionale del Giappone. In base alla legge attuale un rappresentante eletto in una delle due camere della Dieta nipponica, percepisce un compenso di 1.294.000 yen al mese, pari a poco più di 11mila euro.

Nuova Zelanda – Taglio del 20% anche per i ministri neozelandesi, ma per sei mesi. Il leader laburista Jacinda Ardern guadagna circa 470mila dollari neozelandesi (260mila euro) all’anno, il che significa che questo gesto gli costerà circa 52mila euro. “Questo di per sé non sconvolgerà la situazione finanziaria generale – ha spiegato – ma è un modo per riconoscere l’impatto attuale per molti neozelandesi”.

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Bulgaria – Dopo la proposta del partito conservatore al potere, il Gerb, i politici bulgari, secondo quanto riporta La Stampa, hanno deciso di rinunciare ai propri salari e devolverli al sistema sanitario nazionale. Il taglio ammonta a un valore 1,44 milioni di leva, ossia 740mila euro.

Grecia – Per i prossimi due mesi, scrive il quotidiano torinese, i parlamentari greci del partito Nuova democrazia cederanno metà del proprio stipendio. “Sono sicuro che anche gli altri partiti faranno lo stess – ha dichiarato il primo ministro Kyriakos Mitsotakis -. Il nostro mondo politico deve stare in prima linea nella solidarietà”.

IN ITALIA INVECE..

ANSA) – ROMA, 18 MAR – Spunta il rinvio del referendum sul taglio dei parlamentari nel testo finale del decreto Cura Italia. La norma, che era nelle prime bozze e poi era sparita, dà la possibilità di rinviare all’autunno, per evitare rischi di contagio, il voto: il referendum si può indire entro duecentoquaranta giorni dall’ordinanza che lo ha ammesso e che risale a fine gennaio. La data potrebbe essere fissata tra i 50 e i 70 giorni successivi e quindi l’ultima data utile sarebbe il 22 novembre.

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