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MODA: Il 60% dei brand investe nell’influencer marketing e si dichiara soddisfatto nel 67% dei casi.

Diventano centrali nella scelta degli influencer l’affinità con l’azienda e il suo target, ma soprattutto si richiedono contenuti creativi e di valore. Sono questi alcuni dei risultati dell’Osservatorio Italiano sull’Influencer Marketing, attivato lo scorso anno da IED Milano e Akqa.

Il fenomeno influencer non accenna ad affievolirsi e, anzi, continuerà a crescere in modo esponenziale. È quanto emerso da uno studio realizzato da Business Insider Intelligence su dati Media Kix: il mercato degli influencer passerà dagli 8 miliardi di dollari del 2019 a ben 15 entro il 2022, coinvolgendo in primo luogo il cosiddetto ‘western influencer marketing channel’ che comprende oltre 1 miliardo di utenti su Instagram. Un simile scenario comporta dei cambiamenti, soprattutto da parte delle aziende che alimentano in modo concreto il successo delle star dei social.

Col passare del tempo i follower sono sempre meno ingenui e fruiscono con più scetticismo i contenuti veicolati sulle piattaforme online, selezionandoli attentamente, distinguendo tra messaggi autentici ed eccessivamente costruiti. “La complessità di influencer e clienti significa che i marchi hanno bisogno di essere più strategici rispetto alle loro campagne marketing”, spiega a Vogue Business Alison Bringé, chief marketing officer at Launchmetrics. “Il mercato è molto più maturo, i marchi non posso semplicemente fare affidamento sulla speranza che una grande campagna porterà a una crescita delle vendite annue”, fa eco Ryan Detert, fondatore e CEO di Influential, AI company che fa convergere aziende e influencer.

Tra le nuove strategie c’è la nascita di un’inedita figura, in grado di veicolare al meglio, complici gli influencer, i messaggi delle aziende: l’influencer-editor. Spesso si tratta di professionisti che orbitano già nell’editoria tradizionale e sanno scremare, selezionare, spingere al meglio la comunicazione anche attraverso i social network.

C’è inoltre chi, come il marchio Ganni, cerca di creare una sorta di ‘famiglia virtuale’, sollecitando l’uso di un hashtag che raggruppi tutti i contenuti legati al brand. #GanniGirls è stato utilizzato ben 38mila volte anche da personalità come la top model Helena Christensen, l’influencer Camille Charrière, la buyer Tiffany Hsu e la fashion editor Lisa Aiken.

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Anziché limitarsi a una semplice transazione, sempre più brand optano per una collaborazione che vada oltre il consueto post sponsorizzato, preferendo attivare una partnership più strutturata.

Infine, come già emerso qualche tempo fa, le aziende stanno optando sempre più spesso per una nicchia di influencer. Nomi che operano in settore specifici anziché vantare milioni di follower con cui è difficile stabilire un contatto diretto. Oltre alle fashion star online, alcuni brand stanno stringendo accordi con instagrammer meno blasonate, non necessariamente legate al settore, ma, proprio per questo, in grado di coinvolgere un pubblico diverso, meno legato all’immagine e più veritiero. “In un mondo in cui l’autenticità è un valore chiave – riflette Bringé – i brand stanno imparando a dare fiducia a comunità più piccole abbracciando il potere di queste influencer per aumentare il proprio portafogli all’interno del loro raggio d’azione”.

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