expo riapre
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EXPO RIAPRE: il polo espositivo si prepara alla nuova vita.

EXPO RIAPRE: in programma arte e sport mentre si riciclano i vecchi padiglioni.

A un anno dall’apertura di EXPO lo spazio espositivo ha una nuova forma e destinazione d’uso.

Ad annunciarlo, proprio durante la cerimonia e la “semi ri-apertura” del 1 maggio, è stato il presidente di regione Lombardia, Roberto Maroni, che ha fornito qualche dettaglio in più sui prossimi giorni dell’ex Expo, che a breve cambierà anche nome.  Il programma è già stato deciso e prevede arte, sport e street food.(cliccare qui per leggere l’articolo)

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Verranno installati i mega schermi in occasione degli Europei di calcio a giugno e per le Olimpiadi ad agosto.

“Il prossimo grande evento sarà il 25 maggio, con il concerto di Bocelli”, ha confermato Maroni parlando dell’evento organizzato dal cantante toscano e dall’ex capitano dell’Inter, Javier Zanetti, in vista della finale di Champions di San Siro di tre giorni dopo.

Il nuovo nome dello spazio espositivo è ancora in forse, da scegliere tramite sondaggio tra i 10 nomi finalisti proposti. Regione Lombardia ha infatti lanciato lo scorso aprile un concorso a cui sono arrivate oltre 600 proposte.  Entusiasta dell’iniziativa, Maroni ha spiegato: “Io però ho deciso di istituire una menzione speciale per altri tre, per premiare la simpatia: si tratta di ‘Zigo Zago‘, la canzone di Loretta Goggi, che parlava di un posto, un’isola speciale, ‘E mmo‘, che significa ‘Ho detto tutto’ e ‘Schiscetta‘, perché Expo è stato un contenitore di cibo e ora sarà un contenitore di nuove idee e di nuovi progetti”.

EXPO RIAPRE

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EXPO avrà una seconda vita insomma.

Come quella che attende almeno quindici strutture espositive che rinasceranno con usi diversi nei loro Paesi d’origine o altrove. Molti sono già scomparsi: fatti a pezzi, con i materiali – dal legno all’acciaio – riciclati.

Ma non tutti i segni di Expo scompariranno: un alto numero di padiglioni, in qualche modo,  verranno riciclati. E’ quello che accadrà all’oasi nel deserto firmata Norman Foster: il piano, in questo caso, era deciso fin dall’inizio dell’Esposizione: rimontare tutto a Masdar City, città a emissioni zero tra le dune. L’alveare del Regno Unito, invece, continuerà a vivere a Londra, nei giardini reali di Kew Garden. Lo spazio dell’Uruguay diventerà un ristorante che proporrà piatti del Paese. Un legame con il cibo ce l’ha anche l’edificio con le grandi sfere dell‘Azerbaigian: volerà a Baku come nuovo centro culinario. Sul fronte della cultura, il Cile destinerà la sua cesta di legno intrecciato a questo scopo a Santiago del Cile. E poi c’è la solidarietà: da Monaco che trasferirà il proprio padiglione in Burkina Faso per farne un centro medico; quello di Don Bosco sarà destinato alla cooperazione in Ucraina come accadrà allo spazio di Save the Children in Libano. La Repubblica Ceca ricostruirà tutto in patria per realizzare un centro direzionale, l’orto botanico del Bahrain diventerà un giardino dell’Eden a Muharraq. La Francia e il Belgio hanno ancora diverse opzioni al vaglio, ma hanno smontato tutto pezzo per pezzo per ricostruire a casa. Il colosso dai tetti ondulati della Cina, invece, non c’è già più: abbattuto. Ma il Paese ha comunque intenzione di realizzare una copia del proprio padiglione con qualche elemento originale simbolico. Il padiglione del Messico potrebbe essere trasferito in Istraele per diventare un museo.

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