Nel 2015 i contratti sono cresciuti del 14,4 per cento contro una media nazionale del 9,7%.
Le assunzioni del 2015 in Lombardia volano a un ritmo più veloce che in Italia, assieme al Veneto.
Il Centro Studi dell’Assolombarda ha infatti elaborato i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps concludendo che i nuovi posti di lavoro in Lombardia sono cresciuti nei primi 11 mesi del 2015 del 14,4% contro una media nazionale del 9,7%. Sono quasi cinque punti in più che segnalano sicuramente una velocità diversa e che alla fine fanno sì che un’assunzione «nazionale» su cinque sia concentrata nella sola Lombardia. In termini assoluti è stata superata quella che nel gergo dei talk show viene chiamata la «soglia psicologica» del milione di posti di lavoro. Per la precisione 1.047.765 di cui il 66% a termine, il 31% a tempo indeterminato e il 3% in apprendistato. Assolombarda però non si è limitata a estrapolare i dati regionali ma li ha anche paragonati con quelli degli altri territori del Nord e ne sono venuti fuori tre derby statistici con Emilia Romagna, Piemonte e Veneto.
Nel primo la Lombardia sopravanza nettamente l’Emilia cresciuta per assunzioni complessive da gennaio a novembre ‘15 del 9,0% (sorprendentemente al di sotto della media nazionale). Nel confronto con il Piemonte (+11,3%) la Lombardia è ancora avanti di tre punti abbondanti mentre resta leggermente dietro al Veneto (+14,6%). In termini assoluti però i 418 mila nuovi posti di lavoro nordestini non sono minimamente paragonabili con il milione lombardo. Lo studio di Assolombarda esprime soddisfazione anche per quanto riguarda la qualità della nuova occupazione: le assunzioni a tempo indeterminato sono state in Regione 323 mila pari, come già detto, al 31% del totale. Una percentuale che anche in questo caso vede la Lombardia davanti alle altre regioni del Nord, compreso il Veneto. È significativo che l’aumento dei posti a tempo indeterminato si sia accompagnato anche all’aumento dei contratti a tempo determinato, vuol dire infatti che non siamo in presenza di un solo fenomeno di stabilizzazione del precariato – di per sé più che positivo – ma di un flusso più generale che la comprende ma non si esaurisce in essa.