Milano sotto il sole: estate 2025 con solo tre piscine comunali all’aperto
L’estate milanese si prospetta tra le più calde degli ultimi anni, con temperature previste fino a 38 gradi e una disponibilità estremamente limitata di impianti pubblici per il tempo libero. In una città con oltre un milione e mezzo di abitanti, saranno soltanto tre le piscine comunali all’aperto operative nella stagione estiva 2025: la Romano, la Cardellino e la Sant’Abbondio.
Questa scarsità di strutture pone seri interrogativi sull’accessibilità ai servizi pubblici in un contesto urbano che, ogni anno, deve affrontare periodi sempre più intensi di caldo estremo. Famiglie, anziani e bambini che rimangono in città si trovano con pochissime opzioni per cercare refrigerio, a fronte di una domanda crescente di spazi pubblici adeguati.
Le strutture chiuse e i ritardi nei lavori
La situazione più emblematica è quella della piscina Argelati, chiusa dal 2023 e ancora in attesa di un piano concreto di riqualificazione. Per la sua riapertura si stimano costi attorno ai 10 milioni di euro, ma l’intervento è ancora in fase preliminare. Anche il Lido, impianto storico milanese, tornerà accessibile non prima del 2026, nell’ambito di un progetto affidato a un soggetto privato in partenariato con il Comune.
Lo scenario non migliora guardando ad altri impianti: la piscina Scarioni, nel quartiere Niguarda, è ferma da oltre sei anni. I lavori di ristrutturazione sono previsti per il 2026 con fine lavori stimata nel 2028. Le piscine Suzzani e Fatebenefratelli, rispettivamente in fase di riqualificazione e di nuova costruzione, non saranno pronte prima della stagione invernale. Anche il centro Saini, passato sotto la gestione dell’Università Statale oltre un anno fa, attende ancora un piano esecutivo.
Una gestione frammentata
Alla base dei ritardi c’è una struttura gestionale che frammenta le responsabilità: Milanosport gestisce la manutenzione ordinaria degli impianti, mentre gli interventi strutturali restano a carico dell’amministrazione comunale. Questo modello rallenta l’intervento in casi di degrado o emergenza e lascia molti impianti in stallo per anni.
Il ricorso a partenariati pubblico-privati rappresenta una possibile soluzione per accelerare i tempi e attrarre risorse, ma può comportare un aumento dei costi per l’utenza. Attualmente, l’ingresso alle piscine comunali ha un costo compreso tra 5,50 e 10 euro. Le alternative private, però, possono superare facilmente i 20-25 euro al giorno, rendendo il nuoto accessibile solo a una fascia più ristretta della popolazione.
Una città d’acqua solo a parole?
Milano ha spesso parlato del proprio sviluppo in chiave “città d’acqua”, ma la realtà sembra andare in direzione opposta. Mentre altre metropoli europee, come Parigi e Roma, sperimentano soluzioni temporanee con piscine mobili nei quartieri periferici e lungo i fiumi, il capoluogo lombardo rimane ancorato a modelli poco flessibili e scarsamente inclusivi.
Nel frattempo, i cittadini non restano a guardare. Sono state già raccolte oltre 9.000 firme per chiedere al Comune una maggiore apertura degli spazi balneabili pubblici, tra cui la Darsena e il lago del Parco Nord. Ma senza investimenti rapidi e una strategia chiara, la prossima estate rischia di trasformare un bene pubblico come l’acqua in un privilegio riservato a pochi.