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Ospitata nelle sale del Musée du Louvre di Parigi fino al 21 giugno scorso, apre al pubblico sino al 24 ottobre nelle Sale Viscontee del Castello Sforzesco la mostra “Il Corpo e l’Anima, da Donatello a Michelangelo. Scultura italiana del Rinascimento”, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Castello Sforzesco, Musée du Louvre e realizzata grazie a Civita Mostre Musei, con il sostegno di Fondazione Cariplo.

Da Donatello a Michelangelo al Castello Sforzesco

Un affondo su oltre sessant’anni di storia dell’arte, dal ritorno di Donatello a Firenze nel 1453 fino alla morte dei più perfetti interpreti del Rinascimento, Leonardo e Raffaello, scomparsi rispettivamente nel 1519 e nel 1520. Sessant’anni durante i quali i maestri del Rinascimento hanno scavato la materia per far emergere “i moti dell’anima”, i tormenti e le tensioni, i palpiti, per rendere ancora più viva l’emozione. Sessant’anni di opere strappate al marmo, modellate nella terracotta, intagliate nel legno, fuse nel bronzo, in un percorso che trova il suo apice nella “Pietà Rondanini”, sulla quale Michelangelo lavorò fino alla sua morte, avvenuta nel 1564.

Il percorso è stato studiato e progettato congiuntamente da Musée du Louvre e Castello Sforzesco, in particolare da Marc Bormand, conservatore al dipartimento delle sculture del Louvre; Beatrice Paolozzi Strozzi, direttrice del Museo del Bargello dal 2001 al 2014; Francesca Tasso, conservatrice responsabile delle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco di Milano.

Le 120 opere esposte provengono dai più importanti musei del mondo: dal Metropolitan Museum di New York al Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal Museo Nacional del Prado di Madrid al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, dal Victoria&Albert Museum di Londra alla “Her Majesy the Queen Elisabeth II from the British Royal Collection”, oltre che, naturalmente, dal Musée du Louvre e dalle raccolte civiche del Castello Sforzesco.

Il cuore della mostra si colloca nella seconda metà del Quattrocento, quando i maestri del Rinascimento come Leonardo, Donatello, Raffaello, il Pollaiolo, Michelangelo, il Verrocchio, il Bambaia e molti altri ancora, lavoravano tra Milano, Venezia, Roma, Firenze, ma anche Ferrara, Padova, Bologna, allargando così la geografia del Rinascimento italiano, e dunque del percorso espositivo, verso il nord. Una regione vasta ma a quei tempi politicamente spezzettata da molti confini e diversi regni, all’interno dei quali il Rinascimento è germogliato con caratteristiche particolari: innovazioni fiorentine e tradizioni locali – senza dimenticare l’influenza dell’arte cortese fiamminga e della Borgogna – si sono infatti mescolate in ciascuno di questi focolai creativi, per dare il via a una straordinaria varietà di linguaggi artistici.

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Il Rinascimento ha portato nell’arte italiana molte novità: oltre al grande impulso allo studio dell’anatomia, della prospettiva, dell’ottica, anche quello dell’anima fu oggetto di ricerca approfondita: dalla nascita della fisiognomica alla passione per il grottesco, che ha caratterizzato l’esperienza di alcuni artisti come Leonardo, si comprende come fosse nato in quel periodo un interesse nuovo nella rappresentazione: la figura umana ora non doveva più essere slegata dalle emozioni – furore o grazia, tormento o estasi che siano – ma profondamente legata all’anima, al desiderio, alla componente meno visibile del soggetto “uomo”.

Nell’interpretazione innovativa data dagli scultori di questo tempo, i movimenti dell’anima sono resi visibili attraverso l’attitudine dei corpi, e gli artisti indagano la loro psiche rappresentandoli a riposo, in movimento, mentre lottano o sognano, evidenziando le emozioni, tanto nell’ambito sacro che in quello profano, in un modo sia ferocemente espressivo che, al contrario, sublimemente dolce.

Articolata in quattro sezioni (1. Guardando gli antichi: il furore e la grazia; 2. L’arte sacra: commuovere e convincere; 3. Da Dionisio ad Apollo; 4. Roma “Caput mundi”), la mostra sviluppa nelle Sale Viscontee pressochè lo stesso percorso ospitato al Louvre, a parte l’ultima sala che vedeva esposti a Parigi gli Schiavi (o Prigioni) e a Milano la Pietà Rondanini: entrambe opere di Michelangelo, entrambe inamovibili.

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