Premier Conte insieme al Ministro Gualtieri scaled 1
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Dopo la battaglia di ieri 19 gennaio a Palazzo Madama, oggi alle Camere è arrivata la richiesta di nuovo deficit. Che ha messo d’accordo tutti, anche Italia Viva e il centrodestra. Il «sì» ai 32 miliardi di disavanzo aggiuntivo (1,8% del Pil) era la condizione necessaria per approvare il decreto Ristori 5: necessaria ma non sufficiente, perché le tante incognite tecniche e politiche che circondano le misure in preparazione fanno slittare il provvedimento almeno alla fine della settimana prossima.

Al ministero dell’Economia si corre, perché l’obiettivo è di allungare nuovamente la sospensione delle cartelle, fermate al momento fino al 31 gennaio.

Sul tema dei «ristori», che darà il nome anche al nuovo decreto Ristori 5 nonostante i molti temi del provvedimento da finanziare con i 32 miliardi di deficit, l’idea è di cambiare strada rispetto alla catena degli interventi 2020.

La prima novità sarà offerta dal criterio per definire la platea delle attività da aiutare.

Addio al parametro delle perdite di aprile 2020, che dovrebbe lasciare il posto a una base di calcolo semestrale. In pratica, secondo le ipotesi allo studio, i nuovi ristori dovrebbero essere riservati a imprese e autonomi che hanno subito una perdita di almeno il 33% del fatturato nel secondo semestre dell’anno scorso.

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Ma in pista restano anche strade alternative: un calcolo su base annuale, che permetterebbe di non escludere per esempio le attività a forte carattere stagionale, oppure una soglia più alta, legata a un calo del giro d’affari di almeno il 50%, se i calcoli sulle risorse dovessero imporlo.

Ristori estesi indipendentemente dal codice Ateco

A uscire di scena saranno anche gli elenchi dei codici Ateco.

Perché l’obiettivo è di estendere i sostegni alle imprese delle filiere colpite non da obblighi diretti di chiusura o limitazione dell’attività, ma dalle ricadute del freno tirato al commercio dalle restrizioni anti-Covid.

Nella nuova platea, nelle intenzioni del governo, rientreranno anche i professionisti.

A tutte queste attività andrebbe un aiuto parametrato sui costi fissi sostenuti nel corso del periodo di riferimento e non oggetto di altri aiuti. In questo modo la disciplina italiana si allineerebbe al Temporary Framework Ue, che su questo terreno alza da 800mila a 3 milioni di euro il tetto per gli aiuti di Stato. Una via seguita in Francia, dove il governo ha appena annunciato sostegni fino al 70% dei costi fissi per le imprese che fatturano oltre un milione nei settori più colpiti.

Tempi più lunghi

Tra le poche certezze che per ora circondano il nuovo sistema, invece, c’è il fatto che il calendario verso il bonifico sarà inevitabilmente più lungo.

Il cambio di parametro imporrà prima di tutto un nuovo invio di dati da parte delle imprese e degli autonomi che si candidano all’aiuto. Dati che potrebbero essere autocertificati, ma che in ogni caso dovranno essere certificati dai responsabili dell’impresa o dai professionisti che li assistono. Con le complicazioni facili da immaginare, dal momento che i numeri ufficiali delle imprese arriveranno solo con i bilanci a partire di giugno.

Lavoratori autonomi, proroga a tutto il 2021 per l’esonero sui contributi

La legge di Bilancio ha previsto l’istituzione presso il ministero del Lavoro di un Fondo con una dotazione iniziale di 1 miliardo di euro, per l’esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti nel 2021 dai lavoratori autonomi e dai professionisti che abbiano percepito nel periodo d’imposta 2019 un reddito complessivo fino a 50mila euro e abbiano subìto un calo del fatturato (o dei corrispettivi) nel 2020 non inferiore al 33% rispetto al 2019.

La legge di Bilancio rinvia poi ad uno o più decreti del ministro del lavoro, da emanare entro il 1° marzo, la definizione dei criteri e delle modalità per il riconoscimento dell’esonero. Il beneficio però è temporaneo, e per assicurare a tutta la platea interessata lo sconto per l’intero 2021, la dote del fondo sarà incrementata di 1,5 miliardi.

BLOCCO DEI LICENZIAMENTI

Il blocco dei licenziamenti trova spazio anche nel decreto Ristori 5 come già annunciato dalla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo.

Recenti indiscrezioni in merito, in attesa che il Parlamento, al momento preso dalla crisi di governo, approvi lo scostamento di bilancio da 32 miliardi, parlano di un blocco dei licenziamenti che non sia per tutti, ma solo per alcune aziende, come anche le 18 settimane di cassa integrazione in più previste.

I sindacati, che hanno incontrato la ministra Catalfo la scorsa settimana, hanno chiesto che dei paletti siano eliminati. Il blocco dei licenziamenti, lo ricordiamo, al momento è previsto fino al 31 marzo 2021 come prescritto dalla Legge di Bilancio.

Quanto al blocco dei licenziamenti, Misiani ha spiegato che se da una parte “non possiamo permetterci un’ondata di licenziamenti” dall’altra “non possiamo nemmeno andare avanti con la logica esclusivamente di emergenza. Credo che il blocco dei licenziamenti debba essere prorogato per i settori maggiormente in crisi mentre chi ha recuperato i livelli del 2019 credo che debba lavorare ritornando progressivamente alla normalità”. Parole in linea con quanto ha poi spiegato Gualtieri in audizione, dove ha parlato si “selettività” e con la proroga in alcuni settori e ritorno “alla normalità in settori meno impattati”.

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