Il 7 gennaio, dopo la pausa delle vacanze di Natale, riparte la scuola in presenza anche per i ragazzi delle scuole superiori. Non tutti però varcheranno l’ingresso del proprio istituto nello stesso momento: la presenza in classe è infatti consentita solo al 50%, come indicato da un’ordinanza emanata nei giorni scorsi dal ministro della Salute Speranza.
Il 31 dicembre è arrivato anche il via libera dei prefetti per la ripresa della didattica in presenza per i ragazzi della scuola secondaria di secondo grado, con una percentuale del 50% fino al 15 gennaio, data in cui scadrà il dpcm attualmente in vigore: “Le prefetture hanno adottato i documenti operativi all’esito dei lavori dei tavoli di coordinamento Scuola-trasporti istituiti in tutte le province in vista della ripresa, dal 7 gennaio, dell’attività didattica in presenza”.
Dopo il 15 gennaio, più probabilmente dal 18, la didattica in presenza potrebbe essere portata al 75%. Ma come ha ricordato il viceministro alla Salute Sileri questo non significa che le scuole resteranno aperte fino a giugno. Tutto dipenderà dalla curva epidemiologica: “Siamo pronti a riaprire le scuole, ma con azioni chirurgiche in caso di contagi fuori controllo. Così come se ci saranno focolai ben definiti sarà necessario fare passi indietro. Dobbiamo abituarci a uno stop and go, questa sarà la nostra routine e andremo avanti così per gran parte del 2021”, ha spiegato in un’intervista.
Trasporti, orari scaglionati e flessibilità oraria
L’incertezza della riapertura del 7 gennaio investe però anche altre sfere tematiche: l’attuazione dei piani previsti dall’intesa Stato-Regioni non sembra entusiasmare tutti i territori. E nemmeno tutti i protagonisti: se Antonello Giannelli, presidente dell’Anp nazionale sottolinea le criticità dei piani dei prefetti ma propone tuttavia di arrivare alla fine di gennaio con il 50% di lezioni in presenza, Mario Rusconi, dell’Anp Lazio, è più categorico: “Noi siamo da sempre per la frequenza degli studenti in presenza, non in dad, ma ad alcune condizioni: distanziamenti in classe, misure profilattiche previste dal Cts e che siano adeguati e funzionali i trasporti pubblici. Far entrare i ragazzi alle 10 – afferma Rusconi – significa spostare l’uscita alle 16, arrivare a casa alle 17.30-18 rovinando la giornata dei nostri adolescenti da un punto di vista fisiologico e di studio. Inoltre, – prosegue – nel Lazio e nel centro sud a differenza di altre regioni non abbiamo ancora un piano trasporti dettagliato, cioè non c’è contezza degli orari dei trasporti. Si presume forse – domanda – che i ragazzi possano essere lasciati a bighellonare per strada in attesa dell’inizio delle lezioni?”.
L’allarme della scienza
Partiamo dai dubbi degli esperti: negli ultimi giorni, a dire apertamente che una riapertura delle scuole superiori sin dal 7 gennaio potrebbe diventare difficile da gestire è stato Walter Ricciardi, consigliere del Ministro della Salute: “Il lockdown natalizio andrebbe prolungato almeno fino a metà gennaio e non ci sono le condizioni per riaprire le scuole tra una settimana”.
“Con l’attuale circolazione del virus le scuole sono pericolose sia per quello che vi succede dentro sia per il traffico che innescano, ma ha senso il tentativo di riaprirle parzialmente per valutare nel tempo gli effetti ed eventualmente ricalibrarsi”, ha invece riferito a La Stampa Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano.
Eppure negli ultimi giorni del 2020 è arrivato il parere del Comitato Tecnico Scientifico in merito alle situazioni di contagio nelle scuole: secondo gli esperti, la scuola non è stata responsabile della seconda ondata e non si presenta pertanto come luogo insicuro.
C’è da segnalare anche il primo report approfondito dell’ISS sulla situazione dei contagi nella fascia 3-19 anni, che serve a dare una base scientifica alla riapertura delle scuole. E anche qui il discorso si inceppa: allo stato attuale delle conoscenze, le scuole sembrano ambienti relativamente sicuri anche a causa della mancanza di dati: “L’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro”. Per gli scienziati, insomma, la decisione di riaprire il 7 gennaio resta politica, perché “le scuole non sembrano provocare un aumento di contagi significativo al loro interno ma possono a seconda del contesto esterno e della situazione epidemiologica contribuire a rallentare o accelerare la diffusione del virus”.
Anche la politica non sembra convinta del tutto della riapertura già dai prossimi giorni: il Governatore del Veneto Zaia ha ammesso: “Ho molte perplessità, ormai è assodato che le curve dei contagi siano collegate ovunque alla ripresa della scuola. I ragazzi hanno il diritto a una scuola in presenza. Se si contagiano, la letteratura dice che sono in molti casi asintomatici e con cariche virali alte. Un’aula scolastica rischia di essere il terreno di coltura per il virus che poi si propaga sui bus e fuori dall’istituto”.
“Con questi dati in crescita faccio un appello al governo a riflettere bene sulla riapertura delle scuole superiori il 7 gennaio. Devono restare chiuse, in tutta Italia. Sarebbe estremamente imprudente in questa fase dell’epidemia riaprire le superiori fra una settimana”, ha detto invece in modo più categorico l’assessore regionale del Lazio alla Sanità, Alessio D’Amato.