MUDEC: i molti nuclei delle Raccolte che compongono la Collezione del MUDEC sono entrati a far parte del patrimonio del Comune di Milano.
Per la prima volta dal Dopoguerra, nelle sale al primo piano del Museo delle Culture, si potrà ammirare una selezione di questo prezioso patrimonio, in un’esposizione organica e ragionata, che propone una collezione completamente restaurata e presenta il risultato di nuovi e approfonditi studi che hanno rivelato aspetti inediti di molti capolavori, alcuni in mostra per la prima volta.
I molti nuclei delle Raccolte che compongono la Collezione del MUDEC sono entrati a far parte del patrimonio del Comune di Milano in momenti storici diversi e a diverso titolo: il percorso espositivo racconta la costituzione del patrimonio civico non solo ricostruendo la cronologia della sua formazione, ma anche chiarendo il come e il perché questo patrimonio – così vasto e apparentemente disomogeneo per contenuti e provenienza – sia giunto a Milano, al fine di rivelare i molti differenti approcci che hanno condizionato la ricerca e la curiosità dei collezionisti verso i mondi più lontani.
Il percorso espositivo rappresenta un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio compiuto attraverso l’incontro/scontro con l’”altro da sé”, a partire dal XVII secolo fino ai giorni nostri, e mette in mostra nelle quattro sale al primo piano del MUDEC oltre 200 tra opere d’arte, oggetti e documenti selezionati non solo per lo straordinario valore culturale ed estetico, ma anche, appunto, come testimonianza del sempre diverso atteggiamento con il quale la nostra società ha guardato verso orizzonti culturali sconosciuti:stupore per l’esotico (sezione 1), volontà di evangelizzazione e di scoperta scientifica (sezione 2), di conquista (sezione 3), o ancora pressanti ragioni commerciali (sezioni 4 e 5) hanno spinto le persone a viaggiare e a collezionare i manufatti più diversi, testimoniando lo spirito della propria epoca.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, che segna un momento buio per la collezione che viene in gran parte distrutta (sezione 6), un diverso modo di raccogliere etnografia si fa strada a Milano, frutto di una più matura e complessa visione sulla produzione materiale e artistica dell’“altro”. Questo segna la rinascita delle collezioni civiche (sezione 7), che oggi trovano nel Museo delle Culture la loro nuova casa.
L’esposizione inizia con un’ampia selezione della collezione del Canonico Manfredo Settala (1600-1680) – collezionista milanese eclettico e vorace – che nel corso del XVII secolo riuscì a riunire una ricca raccolta di naturalia (curiosità e reperti provenienti dal mondo animale, vegetale, minerale), artificialia (naturalia trasformati dall’uomo in modo mostruoso o artistico), mirabilia ed exotica (naturalia e artificialia capaci di suscitare stupore e meraviglia, espressione di culture lontane e sconosciute): tutti pezzi provenienti da luoghi all’epoca quasi inaccessibili, dalle Americhe, dal Vicino Oriente, dall’Africa Subsahariana, dall’India e dalla Cina, a testimonianza del fascino subito dalle civiltà sconosciute e lontane. La Collezione Settala, che rappresenta uno dei primi esempi di collezionismo di manufatti non europei, è in buona parte costituita da preziose opere concesse in comodato d’uso dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana ed è un caso emblematico di Wunderkammer, la “Camera delle Meraviglie” che si diffuse in Europa a partire dal Cinquecento per custodire e mostrare gli oggetti straordinari provenienti dal mondo della natura o creati dalle mani dell’uomo in Paesi e culture diverse, rappresentando per molti il primo abbozzo, concettuale ed estetico, dei musei moderni.
La seconda sezione propone il nucleo primitivo dell’originaria Raccolta di Paleontologia ed Etnografia istituita nel 1858 dal Museo Civico di Storia Naturale, dove confluirono oggetti provenienti da esplorazioni e dalle missioni di alcuni ordini religiosi, come i padri missionari di San Calocero. Tra gli esploratori troviamo i nomi di alcuni personaggi che hanno fatto la storia della scienza nazionale: viaggiatori come Gaetano Osculati e Paolo Mantegazza, il console del Regno d’Italia Cristoforo Robecchi o ancora l’esule politico Antonio Raimondi, esperto conoscitore del Perù, che fu tra i primi a studiare approfonditamente.
Sempre nella stessa sala, la terza sezione è dedicata al periodo coloniale. Nuovi viaggiatori, come Giuseppe Vigoni (1846-1914), senatore del Regno d’Italia e sindaco della città di Milano, si muovono verso terre lontane non più con fini scientifici ma con l’obiettivo di fare una sorta di ricognizione delle risorse sfruttabili in vista di una vera e propria conquista. Nelle vetrine sarà esposto quel che rimane della sua raccolta, che fu visibile per un breve periodo negli anni ’30 in una sala del Castello Sforzesco insieme ad altri “trofei coloniali”, come la scenografica panoplia, un trofeo di corna animali e di armi africane di diversa provenienza, ricostruita nell’ultima vetrina della sala.
L’esposizione è dedicata a una dei più interessanti e peculiari momenti del collezionismo lombardo. A metà dell’800, spinti da un’epidemia che colpì il baco da seta, alcuni commercianti di tessuti esplorarono diverse zone dell’Asiaorientale alla ricerca del prezioso seme baco per la produzione del pregiato filato. Affascinati dall’artigianato orientale, dalla sua perizia tecnica e dalla preziosità dei materiali, assieme agli insetti questi pionieri portarono in Europa, e a Milano, importanti collezioni di oggetti d’arte cinese e giapponese, qui esposti: sete, tessuti, kimoni, maschere da teatro, scatole da calligrafia, scettri, porcellane dipinte e bronzi finemente cesellati.
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