SALDI: a Milano spreco di consumi e maggior inquinamento
SALDI: tantissimi negozi non rinunciano a tener chiuse le porte, nonostante i costi alti di riscaldamento.
Tenere la porta dei negozi aperta significa far uscire il calore del riscaldamento e quindi obbligare le caldaie a lavorare di più e a inquinare. Ma la maggior parte dei commercianti milanesi, in questi giorni di saldi, non rinuncia a lasciare l’ingresso spalancato per invogliare i clienti a entrare.
Un test sul campo nelle vie dello shopping durante i saldi invernali dimostra che molti esercenti non risparmiano sui consumi per il riscaldamento: anche con temperature sotto lo zero, sabato in corso Buenos Aires in media un negozio su due era spalancato, mentre in corso Vittorio Emanuele addirittura quattro su cinque non tenevano le porte di ingresso chiuse.
Succede nei grandi negozi, come le catene di abbigliamento: Pull&Bear, Zara, Banana Republic, Foot Locker e molti altri. La maggior parte tiene le entrate completamente aperte. “È una direttiva che arriva dall’alto – bisbiglia la giovane commessa di un megastore in centro – e non ci si può fare niente. Noi vorremmo tenerle chiuse, ma non possiamo, ordine tassativo. Ormai lo sappiamo e neanche lo chiediamo più. Però per chi deve lavorare vicino alla porta il freddo arriva eccome”.
Per i negozi più piccoli, invece, la situazione è diversa: c’è chi fa lo gnorri (“non mi ero accorto che fosse rimasta aperta”) e chi invece lo ammette senza problemi, come un negoziante di gioielli che candidamente spiega come “porta chiusa significa meno affari”.
Ci sono poi alcuni casi limite, in cui le porte rimangono sempre aperte non tanto per volontà del proprietario quanto per il continuo passaggio di persone che entrano ed escono dai negozi: nel sabato dei saldi, molte delle vetrine sono state prese d’assalto da chi era a caccia di sconti.
Tuttavia c’è anche chi sostiene che in realtà molti dei negozi riescano a impedire la perdita di calore con uno stratagemma. “Si tratta del muro d’aria – spiega Gabriel Meghnagi, presidente della rete associativa delle vie di Milano di Confcommercio -. Molti negozi, in particolare quelli di grandi dimensioni, in questo modo impediscono che ci sia una perdita di calore o un ingresso di aria fredda”. Si tratta di un getto di aria sparato davanti alle porte che ha il compito di evitare l’abbassamento della temperatura. “Non fanno entrare aria fredda e non fanno uscire aria calda – aggiunge Meghnagi -. Altrimenti in giornate come questa i commessi sarebbero dei ghiaccioli, invece dentro gli ambienti il termometro rimane alto”.
Una spiegazione che però non convince gli ambientalisti. Anzi. “Siamo andati anche noi in corso Buenos Aires e abbiamo verificato con l’aiuto di una termocamera – spiega Barbara Meggetto di Legambiente -, sono state fotografate le facciate dei palazzi in cui i negozi erano presenti, rilevando una forte dispersione termica localizzata nella parte inferiore degli edifici. È assurdo che mentre all’esterno la temperatura è intorno allo zero le porte dei negozi siano spalancate. Non si capisce il senso di sprecare deliberatamente energia, aumentando di molto i consumi e i costi e contribuendo ad innalzare i livelli, già preoccupanti, di polveri sottili nell’aria”. Nelle rilevazioni di Legambiente anche il controllo delle colonnine di mercurio dentro i locali, che non ha dato risultati incoraggianti: nell’85 per cento dei casi la temperatura all’interno era superiore ai 20 gradi, con punte fino a 27.
Attualmente non esistono strumenti che consentono alla polizia locale di sanzionare quei commercianti che non si preoccupano dei consumi. Nel 2011, quando i vigili uscirono per fare le multe a chi teneva le porte aperte in Buenos Aires, i verbali furono 45. Tutti cancellati dopo le proteste delle associazioni di categoria.