beppe sala musei milano coronavirus
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Milano, classificata come la seconda città più cara d’Europa per quanto riguarda i canoni di affitto e dove i dati del 2019 hanno fatto registrare un aumento degli sfratti del +594% in un anno. Effetto Covid-19 anche sul mercato immobiliare.

Il tema del caro affitti a Milano è al centro del video messaggio postato oggi sui social dal sindaco Beppe Sala, che si dice preoccupato per il futuro: “Molti giovani si lamentano del caro affitti ma bisognerà vedere cosa succederà dopo questa crisi. È presumibile, e potrebbe essere anche un bene, che forse i prezzi degli affitti diminuiscano“.

“La questione dell’abitare – ha spiegato Sala – è una questione delicata per le grandi città e lo è anche per Milano, dove abbiamo registrato un continuo aumento della popolazione negli ultimi anni. Negli ultimi 5 anni è aumentata sempre dell’1% all’anno e abbiamo superato 1,4 milioni di abitanti. Demograficamente – conclude Sala – abbiamo una quota di popolazione anziana in linea con il nostro Paese, mentre abbiamo una percentuale di giovani un po’ più consistente. Milano è città attrattiva per i giovani ma qualche problema nell’abitare lo presenta”.

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Che Milano abbia un problema con il diritto alla casa è noto da tempo.

La sociologia afferma che un affitto, per essere sostenibile, deve impegnare non più del 28% del reddito di una persona. A Milano in tempi normali, cioè nel 2019, lo stipendio medio mensile netto era di 1.900 euro, mentre un bilocale di 50-55 metri quadri in città costava in media 900 euro. Nel capoluogo lombardo si spendeva dunque in media quasi il 50% del proprio stipendio per potersi permettere una sistemazione di questo tipo. Uno scenario comunque positivo, se si pensa che ci sono migliaia di persone che uno stipendio netto di quel tipo lo mettono da parte forse in due mensilità, in quella che è la capitale degli stage e della gavetta necessaria per sperare di trovare un posto.

Oggi a causa dell’emergenza sanitaria e delle conseguenti misure di chiusura, il contesto economico-lavorativo in città è cambiato. Migliaia di persone hanno perso il lavoro e altre, che già vivevano in uno stato di disoccupazione, hanno visto innalzarsi ulteriormente la barriera di ingresso nel mondo dell’occupazione, mentre la cassa integrazione si è abbattuta su un’enorme schiera di dipendenti.

In Lombardia le ore complessivamente richieste di cassa integrazione nel bimestre marzo-aprile 2020 sono state il 184,1% di quelle richieste nel primo trimestre del 2010. E il peggio probabilmente deve ancora venire.


È di moda il canone concordato, ma non a Milano

Tornando allo studio di Tecnocasa, durante lo scorso anno è continuata l’ascesa del contratto a canone concordato, che oggi rappresenta una quota del 30%. La percentuale più elevata è stata registrata a Genova (79,4%), ma è anche interessante il 61,4% rilevato a Roma, dove questa tipologia contrattuale è in aumento. Nel capoluogo lombardo invece spicca la percentuale più alta di chi ricorre al canone libero (77,3%). I tempi di locazione sono stati di 45 giorni, anche se Milano, Firenze e Verona sono le città in cui per affittare un immobile sono occorsi 10 giorni in meno rispetto alla media. A Bari i tempi più lunghi, 64 giorni.

Locazioni a Milano: gli scenari futuri

È probabile che nei prossimi mesi i canoni di locazione tornino a scendere, soprattutto se la crisi economica si riverserà in modo importante sui redditi delle persone. Potrebbe inoltre accadere che diversi proprietari abbandonino la formula turistica, visto che il settore è stato così pesantemente colpito, e tornino alla locazione classica, dando seguito a un nuovo aumento dell’offerta. Ma è altrettanto probabile che i locatari diventino ancora più esigenti, dopo essere rimasti chiusi in casa per oltre due mesi, e desiderino abitazioni ancora più luminose e con un’apertura sull’esterno.

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